La distillazione: come funziona e come avviene il processo

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La distillazione è una scienza, un processo scientifico, un’arte, una dedizione personale che porta alla realizzazione di un prodotto dal carattere unico.

Iniziamo questo percorso dal prodotto finito: i distillati, ottenuti dalla distillazione di sostanze zuccherine fermentate, come frutti, cereali o vino.

Questi distillati alcolici, prodotti e caratterizzati da sapori e profumi unici, però, prima di diventare tali, hanno bisogno di seguire un particolare processo di produzione da cui prendono il loro nome: la distillazione.

Ma come si svolge questo processo produttivo, quali sono gli strumento e quali gli ingredienti che vengono utilizzati per produrre i distillati?

Di seguito esploriamo i processi alchemici che sono alla base della produzione dei distillati, con un cenno ai vari tipi di alcolici che oggigiorno sono presenti dietro ai banconi dei bar, nei ristoranti e nelle dispense degli amanti del gusto, quello forte.

Che cos’è la distillazione?

La distillazione è un’arte, una professione, un’espressione personale di un’idea, una tradizione che da millenni è stata tramandata alle generazioni successive.

Distillare è un termine che deriva dal latino “destillare” e che indica nella sua forma etimologica: l’atto di gocciolare.

La distillazione viene utilizzata per separare due o più sostanze sfruttando il loro diverso punto di ebollizione disciolte in un liquido o in una particolare miscela. Per punto di ebollizione si intende la temperatura a cui una sostanza passa dallo stato liquido allo stato gassoso.

La distillazione può essere fatta a partire dalla fermentazione di sostanze zuccherine, come il mosto, e dal riscaldamento dello stesso. In questo modo, raggiunto il punto di ebollizione avviene la separazione dei componenti della miscela, come l’ acqua, l’ alcol e altre sostanze aromatiche.

Più dettagliatamente, questo procedimento, oltre a sfruttare il diverso punto di ebollizione, si avvale di due tecniche essenziali: l’evaporazione e la condensazione dei vapori, permettendo cosi di separare i componenti della miscela di partenza.

La prima consiste nella trasformazione di un liquido, mediante l’ebollizione, in vapore, invece la condensazione, può essere considerata l’esatto processo inverso, attraverso il quale il vapore viene riportato allo stato liquido.

Ovviamente, usiamo la distillazione alcolica  per ottenere e concentrare la parte alcolica di una miscela di partenza, che verrà poi utilizzata per produrre un distillato.

La storia della distillazione

La distillazione è una tecnica produttiva molto antica  risalente, secondo alcuni storici, addirittura all’epoca romana. In questo periodo, però, non si era a conoscenza del fatto che  potesse servire per produrre delle bevande alcoliche ed è proprio per questa ragione che veniva impiegata per realizzare essenze profumate.

I primi distillati alcolici della storia fecero la loro comparsa verso la fine del Medioevo, quando si cominciarono a distillare i primi miscugli a base di alcol e da cui nacquero le acquaviti.

Da questo momento in poi, grazie anche al continuo sviluppo tecnologico, i primi grandi produttori cominciarono ad investire nelle attrezzature necessarie per la produzione dei distillati, scoprendo nuovi materiali che risultassero più idonei allo scopo, come ad esempio il rame e l’acciaio inossidabile.

Oggigiorno possiamo affermare con certezza che i distillati non hanno più segreti, in quanto esistono numerosissimi sistemi tecnologici che possono tenere sotto controllo ogni passaggio riguardante il loro processo produttivo.

Inoltre, nell’ultimo periodo sta crescendo sempre di più il culto delle bevande alcoliche distillate ed è anche per questa motivazione che oggi se ne trovano davvero di ogni tipo: da quelle più adatte alla miscelazione di cocktail, come il gin, a quelle più saporite e particolari come, ad esempio, il whisky o il rum.

Su quale principio si basa il processo di distillazione?

Si tratta di un principio fisico che si basa sul fatto che l’acqua bolle ed evapora a 100°C, mentre l’alcol etilico bolle ed evapora alla temperatura di 78,4° così è possibile riconoscere il vapore derivante dall’alcol, che può essere raccolto, una volta condensato.

Tuttavia questo è solo un esempio teorico che ci serve per comprendere il meccanismo di base su cui fonda la tecnica della distillazione. Nella pratica possiamo tenere in considerazione che le regole sono molto più complesse ed articolate, ma tutte si basano su un unico principio: quello della separazione di due componenti di una miscela acqua-alcol in cui il liquido più volatile evapora a temperature più basse.

I diversi tipi di distillazione alcolica

I distillati, quelli di ottima qualità, come il gin, seguono precise tecniche di distillazione come la distillazione semplice, distillazione frazionata, distillazione in corrente di vapore, in combinazione con la temperatura, con i diversi punti di ebollizione delle sostanze e al tipo di sorgente di calore utilizzata.

Innanzitutto, facciamo subito chiarezza, in quanto esistono diverse tipologie di distillazione ma le due principali sono: la distillazione continua e quella discontinua, dalle quali derivano tutti gli altri processi.

Per quanto riguarda la distillazione continua possiamo dire che è un processo che prevede l’utilizzo di alambicchi continui in cui viene aggiunto, scartato e raccolto in modo continuo il prodotto da distillare. In pratica, il processo è in continuo movimento e questo permette la separazione dell’acqua dall’alcol ad elevata concentrazione, grazie ad apparecchiature costituite da colonne di distillazione a piatti, messe in serie. Ciò permette di ottenere gradazioni alcoliche che raggiungo i 90-96°.

Parlando invece del secondo metodo di distillazione, la distillazione discontinua, possiamo dire subito che è la tecnica, con cui si producono i migliori distillati. Questa prevede un solo ciclo, dove l’alambicco, di solito di modeste dimensioni, viene caricato una sola volta, con tutta la sostanza da distillare finchè non si esaurisce il processo.

Questo tipo di tecnica, chiamata anche distillazione semplice, è la più basilare di tutte ed è quella maggiormente usata anche a livello casalingo, dove il mastro distillatore procede con la regolazione della temperatura ed al taglio della testa, del cuore e della coda al fine di ottenere un distillato di qualità.

Nella produzione del gin si utilizza anche questo processo, definito in gergo “one shot”, e nel quale è prevista una sola distillazione con una eventuale correzione successiva. Questo consente di affinare ed ottenere un gin di altissima qualità.

La distillazione in corrente di vapore, è utilizzata sopratutto in presenza di sostanze che si degradano a contatto diretto con il calore. Essa sfrutta un flusso di aria calda, ottenuto da una caldaia che funge da bollitore e che attraversa le parti di massa vegetale poste in un recipiente. In genere questo processo viene utilizzato per distillare alcol e oli essenziali e vegetali.

Lo stesso tipo di tecnica viene impiegata per la produzione di gin, attraverso l’utilizzo di un apposito alambicco, detto carter head, in cui le sostanze da cui estrarre gli aromi vengono poste in una camera apposita che viene attraversata dal vapore, permettendo cosi di raccogliere solo i vapori nobili. Ciò consente di estrarre gli aromi in modo meno invasivo e più delicato.

Per quanto riguarda, invece, la distillazione frazionata, questa è nota anche come rettificata, e permette di separare le sostanze presenti in una miscela, sfruttando la differenza del punto di ebollizione di ognuna di esse.

Vengono poste in diversi punti della colonna, a seconda della diversa volatilità delle sostanze, attraversano una serie di cicli di vaporizzazione-condensazione, cosi da ottenere il prodotto finito.

Invece tenendo in considerazione la sorgente di calore utilizzata possiamo distinguere due tipologie di procedimenti: la distillazione a fuoco diretto e la distillazione a bagnomaria. Nella prima, la fiamma è a contatto con la caldaia dell’alambicco, andando a riscaldare in modo diretto la sostanza.

La distillazione a bagnomaria, prevede invece l’utilizzo di una camera (intercapedine) esterna alla caldaia dell’alambicco, che sfrutta il calore generato dall’ebollizione dell’acqua per attivare il processo.

Esistono, poi, nuove tecniche impiegate in casi di sperimentazione che non hanno nulla a che vedere con le antiche tecniche di distillazione. Sono distillazioni sottovuoto e a freddo, che prevedono l’utilizzo di un evaporatore rotante o rotavapor. Questo, collegato ad una pompa a vuoto, aspira l’aria all’interno del pallone di vetro, permettendo di abbassare la temperatura di ebollizione fino e sotto i 20°, preservando le caratteristiche di alcune sostanze termolabili.

Quali strumenti sono necessari per produrre un distillato?

Dopo aver parlato delle diverse tipologie di distillazione, è arrivato il momento di parlare dello strumento principale per produrre un distillato: l’alambicco.

Ma cos’è  un alambicco? E, soprattutto, come funziona?

Si tratta di un apparecchio di distillazione, formato da 5 parti principali:

  • La caldaia o cucurbita: si tratta del contenitore nel quale viene inserito il liquido da distillare ed è la parte direttamente a contatto con la fonte di calore;
  • Il duomo, elmo o capitello: cioè la parte sulla sommità della caldaia. È proprio da questo pezzo che il vapore comincerà a passare dalla forma liquida a quella gassosa;
  • Deflemmatore o colonna di deflemmazione: la cui funzione è quella di generare un’ostacolo per i prodotti meno alcolici, che ricadranno dunque nella caldaia;
  • Il collo di cigno: tubo che congiunge il capitello con il serpentino condensatore;
  • Il condensatore: serpentina collegata al collo di cigno o al duomo e che finisce nel refrigeratore. Questo strumento è fondamentale poiché in esso viene convogliato il vapore che, una volta al suo interno, tornerà allo stato liquido.

Anche se può sembrare una cosa scontata, è necessario servirsi di altri due strumenti affinché tutto il processo vada a buon termine ovvero:

  • Una sorgente di calore: è proprio grazie a essa che il liquido di partenza arriva ad ebollizione e comincia ad evaporare;
  • Un termometro: fondamentale per tenere sotto controllo la temperatura di ebollizione dell’alcol che deve rimanere costante per tutto il processo di produzione.

Ad oggi sul mercato sono disponibili numerosi alambicchi, realizzati con una grande varietà di materiali. Nella maggior parte dei casi, quelli più utilizzati sono in rame o in acciaio inossidabile (inox) in quanto possiedono un’eccellente conducibilità del calore.

Esistono diverse tipologie di alambicchi: gli alambicchi discontinui, continui e gli alambicchi a colonna, a seconda del tipo e del processo di distillazione che si vuole adottare.

L’alambicco discontinuo, noto anche come copper pot still, si avvale di un processo di distillazione lentissimo: la caldaia riscalda la sostanza fermentata in modo da far salire il vapore che verrà distillato goccia a goccia, in modo da non bruciare gli aromi. Per la creazione dei distillati più ricercati, di solito si utilizza questo tipo di alambicco, che sì richiede tempi più lunghi, ma consente la produzione di elaborati più raffinati. Questa tipologia comprende alambicchi a bagnomaria, alambicchi con caldaiette a vapore fluente ed alambicchi a fuoco diretto.

Per quanto riguarda l’alambicco a colonna o distillatore continuo, la produzione è veloce e continua. Si tratta di un dispositivo usato per la distillazione di “superalcolici” come il rum bianco e la vodka. Il processo prevede l’utilizzo di una materia prima solida e di processi continui e in movimento. È formato da due colonne, generalmente realizzate in rame o in acciaio, dette analizzatore rettificatore separate internamente da piastre in metallo forato che raccolgono i vapori e possono immettere nuove cotte che si uniscono alle vecchie. Scartando le teste e le code (parti nocive) e raccogliendo il cuore, cioè la parte principale, si ottengono distillati ad alte gradazioni.

Nella produzione della Grappa, ad esempio, vengono utilizzati alambicchi a ciclo discontinuo per le grappe artigianali ed alambicchi a ciclo continuo per la produzione industriale.

Come funziona e come costruire un deflemmatore?

Oggi molte distillerie utilizzano nelle loro linee di produzione un alambicco con deflemmatore (a volte chiamato anche “condensatore a colonna o a reflusso“), questa sezione dell’impianto si trova o nella parte superiore di una delle colonne o rimane una colonna singola, distanziata e il linea lungo il percorso.

Questa colonna di deflemmazione ha la funzione di rettifica del prodotto, in quanto l’alcol viene vaporizzato, risale la colonna e viene eliminato da una componente di riflusso prima che compia il suo viaggio finale sopra il collo dell’alambicco, cosi da aumentare la “finezza” del prodotto finale.

Il deflemmatore è una tubo che compone la colonna in cui sono inseriti una rete di tubi idraulici, di piccole dimensioni o delle “tazze” che presentano dei forellini che permettono il flusso del prodotto. Una volta che viene acceso l’impianto di distillazione, questi piccoli tubi si riempiono di acqua  fredda, creando superfici fredde su cui il vapore, a contatto con essi, si condenserà, ricadendo all’interno della colonna.

La maggior parte degli alambicchi sono dotati di colonna di deflemmazione al cui interno hanno una manciata di piastre, queste consentono al vapore di intrappolare il vapore che cade dall’alto, creando un reflusso che se troppo elevato potrebbe far risultare il prodotto finale con altissima gradazione e quasi privo di sapore.

Alcune distilleria, situate in Inghilterra, Scozia e Irlanda, non utilizzano i deflemmatori o colonne di rettifica, ma si avvalgono di semplici alambicchi discontinui, basandosi semplicemente sulla forma e sulla lunghezza del collo per concentrare i vapori e produrre un distillato più ricco e pesante.

Come avviene la distillazione?

Per far sì che il processo di distillazione si svolga nel migliore dei modi, è opportuno seguire dei semplici ma opportuni passaggi:

  • In primo luogo occorre scegliere il prodotto che si vuole distillare: in questo caso si può utilizzare ciò che più si preferisce.;
  • Successivamente è necessario assicurarsi che le attrezzature e l’alambicco, siano puliti, cioè privi di incrostazioni, muffe e residui di lavorazioni precedenti;
  • Lo step successivo prevede l’inserimento del prodotto selezionato all’interno della caldaia insieme a una dose generosa di alcol ed acqua (per le materie solide). Occorre poi procedere all’accensione della fonte di calore;
  • Non dimentichiamo di assicurarci che durante tutto il processo le valvole devono essere chiuse e gli incastri tra le varie parti dell’alambicco devono essere ermetici.

A questo punto è importante tenere in considerazione sia il fattore temperatura che l’andamento della distillazione, così inizia la magia: il liquido si trasforma in vapore e di nuovo in liquido. Il ruolo del mastro distillatore in questo momento è di vitale importanza: la sua maestria permette di ottenere un ottimo distillato, tramite il corretto taglio della testa e della coda, .

Ovviamente la distillazione, come abbiamo già detto in precedenza, può essere ripetuta più volte, soprattutto nel caso in cui si volesse produrre un distillato di altissimo livello, e cioè quasi totalmente puro.

Molti distillati necessitano di un periodo di riposo, in acciaio o in bottiglia, soprattutto per attenuare il gusto aspro e pungente. Alcune volte si aggiunge dello zucchero ai distillati per renderli più “morbidi”. Un po’ di caramello o di zucchero “bruciato” serve per far sembrare invecchiati i prodotti giovani.

Distillati come l’Armagnac, il cognac o il whisky vengono sottoposti ad invecchiamento in botti di legno, assorbendo gli aromi di quest’ultimo, ne fanno conferire dei sapori tipici. La fase d’invecchiamento può durare anni o, addirittura, molti decenni.

Per quanto concerne l’aromatizzazione, questa può avvenire in diversi modi: per macerazione in bottiglia o con preparati idroalcolici, infusi o decotti e uniti al distillato o per profumazione dei vapori.

Quali sono gli ingredienti più utilizzati per produrre i distillati?

Una bevanda distillata può essere prodotta con quasi tutti i tipi di ingredienti vegetali, con un pò di conoscenza botanica e la comprensione delle loro caratteristiche organolettiche, è possibile combinarli tra loro.

Nella maggior parte dei casi, gli ingredienti che vengono utilizzati sono:

  • I cereali: essi vengono utilizzati per produrre distillati molto rinomati come ad esempio il whisky o il brandy;
  • La canna da zucchero: impiegata nella produzione di rum;
  • Le vinacce: si tratta dello scarto derivato dalla lavorazione del vino come bucce e vinaccioli. Esse sono la base per preparare un’ottima grappa;
  • La frutta: viene usata soprattutto per il suo sapore e per la sua aromaticità. Un esempio di distillato a base di frutta è il kirsch;
  • Le radici dei tuberi: anche se nessuno penserebbe mai che queste materie prime possano essere utili nella produzione dei distillati, è proprio con esse che vengono realizzati delle bevande alcoliche molto rinomate come ad esempio la vodka;
  • Il sidro: è usato nella produzione del calvados;
  • Il vino: grazie alla sua componente aromatica, è ideale per creare dei distillati davvero particolari come ad esempio il cognac o il brandy;
  • Il mosto d’uva: si tratta dell’ingrediente fondamentale per produrre dell’ottima acquavite.

I principali distillati

I distillati si classificano in base alla loro origine:

  • Brandy e Grappa: distillati italiani di origine vitivinicola. Il primo si ottiene dalla distillazione del vino, la seconda dalle vinacce.
  • Armagnac e Cognac: sono distillati di vino che prendono il nome dalle zone francesi di origine.
  • Calvados: è un distillato del sidro ricavato dalla fermentazione delle mele della Normandia. Cachaca: questo è un distillato di origine brasiliana, ottenuto dalla canna da zucchero, noto negli anni 80-90 come ingrediente nella preparazione di cocktail come la Caipirina. Pisco: distillato di mosto di vino, noto come il brandy di Cile e Perù, che se ne contendono le origini. Applejack Applebrandy: è un distillato di sidro di mele creato in America e in Inghilterra.
  • Moonshine: si tratta di un whiskey di origine americana, la cui produzione veniva effettuata illegalmente, al chiaro di luna, nei boschi dell’America Centrale, utilizzando alambicchi artigianali.
  • Shochu: è un insieme di distillati, ricavati da riso, canna da zucchero, patate, ecc. Significa liquido bruciato, cosa che lo rende simile al brandy. Ci sono poi i distillati di frutta, come quello di castagne della Valcamonica o il Mirabelle di prugne gialle, della Lorena.

Sono degni di nota anche il Williamine, a base di pere Williams, e il Framboise, distillato di frutti di bosco.

  • Il Gin: un distillato di cereali (sostanze amidacee) aromatizzato con bacche di ginepro ed altre piante aromatiche definite botaniche o botanicals. Prodotto da infusione o distillato, come il Gin dei sibillini, unico nel suo genere.

Conclusioni

In conclusione possiamo dire che i distillati, come il nostro Gin Vettoresono delle bevande alcoliche caratterizzate da qualità organolettiche particolari. Bevute a secco o miscelate nei cocktail, contengono percentuali di alcol che variano dai 15° ai 60°circa e sono dette anche bevande spiritose.

Queste bevande alcoliche, sono da sempre apprezzate e vengono prodotte tramite distillazione, macerazione o aggiunta di aromi, oppure tramite una miscela proporzionata ed equilibrata di diversi ingredienti alcolici, non alcolici e aromi. 

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